Dei 25 migranti tunisini arrivati giovedì scorso nel Comune di Gualdo Cattaneo, peraltro a insaputa del Sindaco, 21 se la sono filata a gambe levate violando l’obbligo di quarantena cui erano sottoposti.
Nessuno sa dove siano e per la maggior parte di essi si sa ben poco anche sotto il profilo delle generalità. La solo cosa certa è che ognuno di loro, all’arrivo presso il porto di Agrigento, è risultato positivo al Covid.
Mentre le Forze dell’Ordine continuano a dare la caccia ai fuggitivi, un paio di domande sorgono spontanee. Una su tutte: chi avrebbe dovuto vigilare su queste persone? La risposta più ovvia, in questo caso, è anche la più corretta. Sulla loro salute e sui loro spostamenti avrebbe dovuto vigilare il gestore della struttura che li ospita. Tanto più che questa volta, a differenza di altre, c’è di mezzo l’emergenza sanitaria. Nel caso di specie stiamo parlando di Arci Solidarietà Ora d’Aria, associazione “impegnata a difendere ed allargare la sfera dei diritti umani e civili di tutti i cittadini” e a evitare “l’insorgere e lo svilupparsi di qualsiasi forma di intolleranza e razzismo”.
Peccato che qualcosa sia andato storto e che i tunisini, forse con la complicità di qualche operatore, siano fuggiti dall’ex agriturismo dove alloggiavano e visti salire a gruppetti su un furgone. Il timore del Sindaco, più che legittimo, è che alcuni di questi migranti possano entrare in contatto con la comunità tunisina umbra, la quale, come spesso accade, vive ai margini della legalità.
La situazione non è di certo delle più rassicuranti. Non solo per una questione di sicurezza, ma anche per il rischio di incremento della curva epidemiologica. Non si tratta dei soliti ‘spacchettamenti’ di immigrati irregolari in strutture circoscritte. Lo scenario degli sbarchi in questi mesi è profondamente mutato e con esso anche le modalità di diffusione del contagio. Il Covid, oggi, viaggia sui barconi. Se non si vogliono chiudere i porti, il minimo che si possa fare è stare più attenti.