Nella sola Valle del Savio i castagneti da frutto si estendono per una superficie di circa 300 ettari. Nei Comuni di Sarsina, Verghereto, Mercato Saraceno e Bagno di Romagna sono tante le opportunità per raccogliere castagne.“La mancata rappresentatività dei produttori romagnoli si configura come un elemento discriminante per le nostre montagne. In queste zone, alle prese con le più complesse problematiche del fenomeno dello spopolamento, la castanicoltura affonda le sue radici in esemplari centenari e in tecniche di produzione tipicamente ecosostenibili. L’istituzione di un Tavolo castanicolo regionale con lo scopo di individuare azioni di sostegno e rilancio del settore e contribuire all’incremento e al recupero delle superfici coltivate non può che rappresentare un buon punto di partenza per la tutela dell’intera filiera. Ma le castagne sono un prodotto tipico non solo dell’appennino bolognese.
Anche le zone di Acquapartita, Selvapiana, Ranchio, le Balze, Verghereto e Sarsina sono ricche di castagneti e, come tali, meriterebbero di essere rappresentate all’interno del Tavolo di lavoro. Non tanto per una semplice quanto scontata condizione di equilibrio, quando per il contributo, l’esperienza e le tecniche di lavoro che i produttori di questa Valle potrebbero riferire nel Tavolo di filiera.”
Per Ombretta Farneti, Presidente del Consorzio del Marrone Dolce di Pieve di Rivoschio, una delle tre associazioni di castanicoltori riconosciute in Emilia-Romagna (le altre due sono a Marradi e Castel Del Rio) che gestisce un centinaio di ettari di castagneti, un terzo di quelli presenti nella Valle del Savio, e un indotto di circa 150 persone, si tratta di “una grave mancanza. Ci saremmo aspettati che la Regione ci coinvolgesse e ci chiedesse di esprimere almeno un componente del Tavolo. La castanicoltura nella nostra Vallata è un’attività autoctona di lungo corso e una tradizione secolare. Genera lavoro e contribuisce al mantenimento delle qualità ambientali del nostro habitat naturale.
Crediamo che lo scambio di buone prassi possa contribuire al rilancio del settore e alla nascita di nuove imprese che possano garantire la continuità della produzione. È davvero un peccato che la Regione non ci abbia considerato nell’istituzione di questo Tavolo. Senza nulla togliere agli altri consorzi e ai tecnici individuati, avremmo potuto fare la nostra parte nella definizione delle priorità per la salvaguardia della castanicoltura, dando inoltre il nostro contributo alla redazione del Piano castanicolo regionale.”