La prima notte di coprifuoco, a Napoli, si è trasformata in un campo di battaglia. Per le strade è montata la protesta contro De Luca e il centro storico è stato preso d’assalto da centinaia di disobbedienti.
A rimetterci, ancora una volta, è stata la città. Macchine divelte dalla violenza dei manifestanti, cassonetti dell’immondizia dati alle fiamme, lanci di bottiglie contro le Forze dell’Ordine e traffico bloccato in più parti del capoluogo partenopeo.
“Nessuna condizione di disagio, per quanto umanamente comprensibile, può in alcun modo giustificare la violenza” – ha dichiarato il questore di Napoli Alessandro Giuliano. E ha ragione. Perché è quasi un anno che donne e uomini di tutta Italia stanno combattendo una battaglia silenziosa ma drammatica contro il covid.
Una battaglia che è diventata un inferno di morte, che ha acutizzato le diseguaglianze sociali e ha messo in ginocchio un’intera economia. Le nostre famiglie ne sono uscite disorientate, divise, ricalibrate su nuovi modelli educativi e messe a dura prova dagli effetti, diretti e indiretti, della malattia. Ma sono ancora qui. Milioni di persone in tutto il mondo vogliono vincerla questa battaglia perché vogliono sopravvivere.
Chi usa la violenza per rivendicare quella libertà a cui ognuno di noi ha dovuto rinunciare non è un eroe. È solo un criminale.
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