Lo dico senza tanti giri di parole; quello di Silvia Romano dovrebbe essere l’ultimo riscatto che il nostro Paese è disposto a pagare per riportare a casa un italiano rapito all’estero.
La cooperante milanese, rapita nel novembre 2018 in Kenya, dovrebbe essere d’esempio a chi ha intenzione di partire verso zone a rischio.
Sia chiaro, e lo dico prima di tutto da padre, la notizia del rientro in Italia di Silvia non può che renderci felici per la più semplice delle ragioni: una giovane connazionale partita per scopi umanitari e tratta in ostaggio è tornata a casa dai propri genitori dopo un anno e mezzo di prigionia. Ma a che prezzo?
Se mia figlia mi manifestasse l’intenzione di andare in Kenya a fare la cooperante, le direi di pensarci non una, non due, ma cento volte. Perché poi il rischio è che con i soldi del sequestro si continui a rapire ed uccidere altri italiani. Per questo, d’ora in avanti, lo Stato dovrebbe mettere in guardia i propri cittadini dalle implicazioni derivanti alcune scelte ‘umanitarie’.
Della serie, avvisato chi parte. Avvisato chi rapisce.
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