No, non è una fake news, né una barzelletta, né tantomeno una di quelle esilaranti vignette di Osho che si trovano in rete. È tutto vero.
In seguito alle violente proteste scoppiate negli Stati Uniti dopo l’atroce soffocamento dell’afroamericano George Floyd, per mano di un agente del dipartimento di polizia di Minneapolis, ogni cosa, anche la più assurda sotto il profilo della legittimità, scivola nello spauracchio del razzismo.
Dopo Via col vento, film che oltretutto ha regalato per la prima volta un Oscar ad un’attrice di colore, ritirato dal catalogo online per “raffigurazioni razziste”, in Svizzera la catena di supermercati Migros ha rimosso dai suoi scaffali quelli che in tedesco sono i “Mohrenköpfe”, ossia le teste di moro, niente di più di dolcetti al cioccolato.
A questo punto viene da chiedersi quale sia la prossima espulsione. Il ritiro dai bar e dai supermercati del liquore Montenegro? L’offuscamento in radio della musica dei Negramaro? L’eliminazione dai libri per bambini della figura fiabesca dell’uomo nero? La rinuncia della cioccolata fondente a privilegio di quella bianca?
C’è una fetta di opinione pubblica di questo Paese, in preda al delirio universale del buonismo antirazzista, che probabilmente condivide la scelta schizofrenica dei supermercati svizzeri di togliere dal commercio un pericoloso cioccolatino. Peccato che non siano questi gli argomenti con cui si sconfigge la piaga del razzismo. Perché il razzismo è una cosa seria, che non si risolve con la censura di Via col vento o l’interdizione di un dolcetto. Non sono queste le politiche del rispetto che fanno la differenza nel percorso educativo della nostra società.
Il pregiudizio e l’intolleranza sono bastioni di una roccaforte culturale che affonda le sue radici nel passato. Per abbatterli non ci vogliono vagonate di ignoranza, ma più buonsenso.